Non sono mai riuscito ad apprezzare del tutto le storie strampalate, pur riconoscendo validità al loro intento umoristico, che però mi pare venga disatteso il più delle volte. E' possibile che il mio umore degli ultimi giorni abbia influito sul mio non apprezzamento di questo romanzo, ma non sono riuscito a trovare grande motivo di ilarità, nè di interesse, nelle vicende grottesche dello strano tossico che è il protagonista di questa storia. Le esagerazioni e le forzature tipiche di questo genere mi sembrano fini a loro stesse e fatico a trovare un messaggio di qualunque genere nell'opera.
In realtà non sono poi così avverso al genere perchè il mio autore preferito, Hunter S. Thompson ha composto opere ben più grottesche di questo romanzo di Millar, ma sono tutte talmente pregne di significati a diversi livelli da indurre il lettore a riflessioni quasi inesauribili. "Latte, solfato ed Alby Starvation", invece, si subisce un pochino, come se fossimo stati invitati a partecipare del divertimento dell'autore ma senza comprenderlo appieno. Il sospetto è che simili opere si possano apprezzare solo in condizioni psicologiche alterate simili a quelle in cui versano i personaggi del libro (e, forse, l'autore stesso).
Dimenticabile.